Ma si può pensare di essere l’ultimo? Si può avere voglia, quasi il desiderio di essere sempre “il ragazzo dell’ultimo banco”? In genere no. Si vuol essere sempre primi in ogni circostanza: a scuola, all’università, come in un’aula parlamentare. Sentirsi l’ultimo. Sembrerebbe essere quasi un’anomalia psicologica. E invece no. Può capitare. Anzi, se capita, è sintomo di intelligenza, di voglia di analizzare da una posizione privilegiata, ciò che accade nei primi banchi.
È segno anche di una certa riservatezza che induce a pensare, a riflettere e di una non trascurabile lungimiranza politica. Politica in senso stretto ma anche politica in senso culturale: cultura politica. Mauro Laus, senatore della Repubblica, ne Il ragazzo dell’ultimo banco (Impremix Edizioni Visual Grafika, pp. 104, prefazione di Teresa Bellanova) racconta la sua vita di cinquantenne, sin dalle prime “osservazioni” dall’ultimo banco di scuola alle recentissime osservazioni sui banchi del Senato, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita.
Dall’infanzia trascorsa nella mitica Lavello, in provincia di Potenza, alla maturità piena conquistata a Torino e del suo trasferirsi a Roma, mantenendo casa nella capitale sabauda. Sempre con una gioiosa e pacata visione della vita che rende il suo operare padre di famiglia, imprenditore, senatore, uomo affabile e altruista, propenso a guardare al di là degli ostacoli, con l’ironia e il sorriso verso tutti. Laus in questo suo libretto, tascabile, ma ricco di vivace, immediata valutazione di ciò che gli succede attorno, rivela un carattere mite e al tempo stesso battagliero.
Un carattere che si rammarica delle vicissitudini della vita politica delle campagne elettorali così prive di franchezza, di onestà intellettuale, ma che al tempo stesso, lo rende orgoglioso di far parte del Senato della Repubblica. Il ragazzo dell’ultimo banco, confessa. Mi sono sempre tenuto a debita distanza da coloro che fanno della politica e della disinformazione le armi per creare confusione, disorientamento, per alimentare l’intolleranza, l’odio. E si scaglia, rivelando alfine il suo carattere battagliero, contro la globalizzazione che ha ridotto l’economia del nostro Pianeta in una misera guerra tra poveri, dove vincono – ma soltanto apparentemente – i ricchi, perché destinati anche loro a soccombere. Né vale sapere che anche le altre nazioni, più o meno, sono ridotte come questo Paese.
Un Paese di cui è però innamorato e che ama profondamente, da vero uomo del Sud. Di quel Sud che ha partorito idee di libertà e di coesione nazionale ed europeistica. È interessante osservare come il linguaggio di Mauro Laus sia rimasto legato ad una semplicità di espressioni che conquistano l’interlocutore e le platee.
Il racconto dell’incontro adolescenziale con Maria, che sarebbe diventata sua moglie, la persona più importante della sua vita, è una sequenza antologica di gioie, di stupore espressi nel modo più sincero e semplice che si possa immaginare. Un percorso vitale, esistenziale nel senso più pieno, fatto di sguardi, di ansie, di amore vero, di progetti realizzati in piena coscienza. Con la stessa sincerità con cui si batte in politica affinché sia “la buona politica” e non la politica dei pasticcioni, degli incerti, degli egoisti, dei furbastri. Il racconto scorre nitido anche nei quadretti familiari di un tempo passato e sempre presente, rivendicato con ferma onestà e candore avvincente.
E non è un caso che la prefazione al libro sia stata chiesta proprio alla senatrice Teresa Bellanova, ministro delle Politiche agricole, una donna che crede negli stessi ideali di Mauro Laus e si esprime nello stesso schietto linguaggio che rende facilissima la lettura e l’interpretazione della vita affettiva, sociale, politica del senatore. Gli ultimi saranno i primi? Soltanto se “il ragazzo dell’ultimo banco” saprà trasmettere agli interlocutori, che sono tantissimi, i suoi insegnamenti, ben sapendo che chi è autenticamente “ultimo”, vive in uno stato di grazia.
Gianni Maria Stornello