Quando il presidente Xi Jinping, accompagnato dalla moglie (una protagonista della visita in Italia), scendeva dall’ aereo che l’ ha portato a Roma, si è avuta un’ impressione di sicurezza. Non era solo l’ “imperatore” della Cina, il Paese più popoloso del mondo con un miliardo e quattrocento milioni di abitanti, un gigante economico in crescita e una potenza nucleare. Era portatore di un vasto e lucido progetto, la “Via della seta”, che lancia la Cina sugli scenari della globalizzazione e propone un ruolo ai partner europei. Si potrà discutere sul progetto: se affrontarlo come singoli Paesi europei o come Unione. L’ impressione data dalla classe dirigente al Governo in Italia, da parte sua, è stata quella di non avere un progetto. Tutto serve per polemiche interne italiane, magari guardando alle prossime elezioni europee.
La piccola Italia è andata incontro alla grande Cina senza idee chiare e condivise. Una grave fragilità e un errore. Solo la presenza intelligente del presidente Mattarella ha impedito che l’ occasione dell’ accordo con la Cina sfumasse o che, d’ altra parte, si voltassero le spalle all’ Europa e si minimizzasse l’ alleanza con gli Stati Uniti, preoccupati della presenza cinese in Italia. Sono state firmate ventinove intese tra Italia e Cina per circa venti miliardi. Il presidente Xi ha dato un segnale importante, recandosi a Palermo (e ha invitato i cinesi a visitare la città). Forse questo è un gesto di cortesia verso la città natale di Mattarella, che nel febbraio 2017 si era recato a Xi’ an, in una regione cui il presidente cinese è legato.
La visita di Xi ha messo in luce le fragilità dei Paesi europei, quando vanno da soli, nel mondo globale, incontro ai giganti. Andare insieme da europei non è però l’ escamotage di un’ ora, ma la scelta di una politica continua e costruttiva. L’ Europa ci protegge? Dalla risposta a questa domanda strategica viene una politica coerente capace di integrare di più i nostri Paesi. Su questo, noi italiani dobbiamo metterci d’ accordo. E gli europei ne devono tener conto. E la scelta europea è inquadrata nell’ Alleanza atlantica e con gli Usa: non è un’ affermazione rituale.
Ma non si può dimenticare che cos’ è oggi la Cina nel mondo. Papa Francesco, da parte sua, ha firmato mesi fa un accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi per ricomporre la frattura tra cattolici cinesi. È stato accusato da molti media americani e occidentali di svendere la resistenza pluridecennale dei cristiani cinesi al comunismo. Ormai una parte dell’ Occidente non è più interessata alla crescita del cattolicesimo in Cina (forse nel mondo), ma solo a mantenere una tensione in più con Pechino. Del resto i cattolici cinesi sono solo dodici milioni, mentre i neoprotestanti sono cresciuti sino a più di sessanta milioni. Per la Chiesa cattolica è importante essere in Cina, riprendendo un disegno storico e secolare. Il nostro è un mondo strano: non si nutrono progetti a lungo termine, che costruiscono veramente il futuro. Tutto è cangiante secondo le esigenze dell’ ultima polemica. Le posizioni mutano rapidamente. Ma intanto si rischia di scivolare nelle periferie della storia.
(foto in alto: Ansa)